Le vostre storie

 

Olivermax di Romi (terza parte)

Come seconda tappa andammo a casa! Sonia mi poggiò in un cestino e mi coprì con una copertina, io, stanchissimo e felice, mi addormentai. Quando mi svegliai, mi ritrovai accanto una sveglia che ticchettava. Era quasi più grande di me e mi spaventai. L'annusai con sospetto, la mordicchiai con diffidenza, poi decisi che quel suono mi piaceva e mi ci accucciai di sopra. Curioso, uscii dal cestino, o meglio ruzzolai fuori. Ero in una bella stanza, la cucina, seppi dopo. "Ah, ti sei svegliato" mi apostrofò una voce. era la mamma di Sonia. Scodinzolai e mugolai. "Ecco qua la pappa per te. Ora prendiamo la giusta quantità, aggiungiamo un cucchiaino di calcio, come ha detto il dottore, mettiamo un po' d'acqua calda e mescoliamo bene". Le andai in mezzo ai piedi e mi sedetti interessato. "Che te ne pare?" mi chiese mettendomi la ciotola sotto il tartufo. Me ne pareva bene, il profumo era buono. Assaggiai, si, era proprio buono e, finalmente, qualcuno mi stava dando dei croccantini delle giuste dimensioni per i miei denti! Sbafai tutta la ciotola, arrivò Sonia e si mise a ridere: "Mamma, guarda che pancia che s'è fatto!" mi accarezzò la testa ed io presi a

scodinzolare e saltellare. Giocai un po' con Sonia, quella bambina mi piaceva sempre più, ad un certo punto, sentii che dovevo fare pipì. E dove farla? La mamma mi aveva insegnato a farla nella terra, nel negozio mi ero abituato alla carta di giornale ma lì dove dovevo farla? Mi guardai intorno e non vidi niente che facesse al mio caso. Ero molto piccolo, l'ho già detto, e allora non riuscivo a controllarmi: quando mi scappava mi scappava. Capivo che non stavo per fare una bella cosa ma, appena Sonia si distrasse un attimo, mi accovacciai zitto zitto.

"Ah, Sonia, prendilo, prendilo, sta facendo la pipì. Portalo fuori di corsa che ho i guanti". Sonia mi portò subito nel balcone, io mi strinsi tutto per non fare la pipì in aria. Mi poggiò su alcuni fogli di giornale ed io mi lasciai andare. "E' bravo, mamma. Secondo me lo capirà subito che deve fare tutto fuori". Ci puoi giurare, pensai, ancora mi bruciava troppo la figuraccia con la coda di Biglia. Di sera arrivò un uomo in giacca e cravatta e con una bella valigetta. "Ehi, e tu chi sei?" mi domandò chinandosi su di me. Mi prese in braccio ed io lo annusai. "Sei un bimbino o una bimbina?". "Lui è Oliver, papà". "Oliver? Mi piace. Ma come sei bello, Oliver" ritenni opportuno ricambiare i complimenti leccandogli una mano.

Quella sera trascorsi tutto il tempo a dormire in poltrona davanti alla televisione, ora sulle gambe di Sonia ora su quelle di suo padre. Mi inquietavo soltanto quando dovevo far pipì. Loro lo capivano e mi portavano in balcone, poi mi pulivano le zampine, non che ce ne fosse bisogno, con un disinfettante e mi riportavano dentro. Alla fine mi accompagnarono tutti in cucina, nella mia cuccia, e discussero su come darmi il vermifugo. Io ascoltavo un po' preoccupato perchè temevo si trattasse di una cosa troppo complicata. Marina diceva che me lo dovevano confondere nel cibo, Sonia pensava che l'avrei rifiutato, Claudio era per un'azione più diretta. Fu lui a sciogliere ogni indugio. Armeggiò con una scatolina sul tavolo, poi mi chiamò, io andai.

"Siediti, Oliver", mi sedetti e loro si meravigliarono e ne furono contenti. "Tieni, Oliver, assaggia questo" e mi porse una cosina piccola e bianca. La presi dalla sua mano e, siccome era un po' amara, la buttai subito giù. Furono tutti entusiasti, mi fecero un sacco di complimenti e mi sistemarono nella mia cuccia, accanto alla sveglia e sotto la copertina. Quando se ne furono andati e restai da solo al buio, mi sentii triste. Pensai alla mia mamma, ai miei fratellini e sorelline, a Biglia, ad Artù, a Filippo. Dov'era la mia mamma? Le mancavamo? Lei a me mancava tantissimo. E i miei fratelli dov'erano? Che ne era stato di loro? Li avrei mai più ritrovati? Cominciai a piangere e me sembra che piansi davvero molto, per ore ed ore, ed ancora piangevo quando mi rintanai sotto la coperta stretto alla sveglia e forse piansi anche dormendo.

La vita con Sonia e la sua famiglia fu bella e divertente. I primi tempi dormivo da solo in cucina ma trascorrevo tutta la giornata a giocare, in cucina e in balcone. Poi Sonia mi aprì le porte al resto della casa e mi prese a dormire con sè. Che vita! Lei era proprio una padroncina deliziosa. Giocavamo a rincorrerci, a nascondino, con la pallina, dormivo sulle sue gambe o sulla scrivania mentre studiava, i suoi amichetti mi coccolavano e, di nascosto perchè Sonia diceva che non potevo mangiare cose dolci, mi facevano assaggiare le loro merendine. Ogni tanto, lo ammetto, combinavo qualche pasticcio. Marina finì col coprire i vasi in balcone con la rete di ferro, perchè avevo la passione di scavare nella terra, spruzzò una sostanza amarissima sui piedi dei tavoli e delle sedie, perchè a me piaceva rosicchiarli, tolse i libri dalle mensole più basse, perchè un pomeriggio che ero da solo ne avevo morso un'intera fila.

Quando venne il tempo di fare le vaccinazioni, sopportai eroicamente le punture. Non volevo dare un dispiacere a Sonia, che si girava sempre dall'altro lato e diceva al veterinario: "non gli faccia male, la prego, la prego". Me ne stavo zitto e fermo, lo facevo per lei. Poi il dottore diceva sempre la stessa frase: "Tutto fatto. Hai visto che non ha sentito nulla?". Non era vero, mi faceva sempre malissimo ma non volevo che anche Sonia ne soffrisse. Fu un po' più complicato abituarmi a fare i bisognini fuori. Scendevo con Sonia quando andava a scuola, con Marina quando andava a fare la spesa e con Claudio la sera. Ma qualcosa in casa, nei primi tempi, mi scappava sempre. In capo ad un paio di mesi, però, imparai a regolarmi. Mi piaceva moltissimo uscire con Marina perchè nel supermercato mi metteva nel carrello e mi scorazzava in tutti i reparti. Ma ancora di più mi piaceva uscire con Claudio. Lui mi portava in una bella villetta dove c'erano tante altre persone con i loro cani e mi toglieva il guinzaglio! Mi lasciava libero di giocare e correre con gli altri mentre lui chiacchierava con gli umani. Facevo un po' il monello, come tutti i cuccioli, ma Claudio non si arrabbiava mai, anzi ne sorrideva.

fine della terza parte

 

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